Fondi SRI: l’evoluzione dell’industria del risparmio unisce la ricerca di rendimento con le tematiche socialmente responsabili. Una tendenza che sta continuando a diffondersi anche in Italia parallelamente all’introduzione di nuove normative europee (SFDR in primis) con le quali l’Europa, puntando a raggiungere gli obiettivi di emissioni zero entro il 2035, ha coinvolto i mercati dei capitali per ottenere il loro contributo nei processi di allocazione delle risorse finanziarie verso le aziende non solo più efficienti nel breve termine ma più “virtuose” nella gestione del proprio business e sostenibili nel tempo.

In questi ultimi anni sono stati fatti molti passi in avanti ma gli obbiettivi da raggiungere sono ancora lontani e le critiche non mancano. Ecco una mini guida per capire cosa sono i fondi SRI, come funzionano e perché sceglierli.

Le variabili Ambientali, Sociali e di Governance sono entrate a far parte anche delle scelte della finanza, con l’idea che non è più sufficiente investire per ottenere un mero profitto, ma occorre anche contribuire a creare un valore aggiunto per l’ambiente e la società nel suo complesso incentivando così anche nuovi modelli di produzione e nuovi prodotti.

L’indagine “Il risparmiatore responsabile”, condotta dal Forum per la Finanza Sostenibile in collaborazione con Doxa evidenziava già nel 2017 un trend di forte crescita tra gli investitori per quanto riguarda l’importanza di incorporare, nelle scelte d’investimento, gli aspetti ambientali e sociali. La risposta a questa crescente esigenza si è concretizzata nella nascita dei fondi sostenibili e responsabili, che in gergo finanziario vengono identificati con l’acronimo SRI (SRI – Sustainable and Responsible Investment) ovvero che adottano e incorporano criteri ESG (Enviromental – Social – Governance) nel processo d’investimento e allocazione dei capitali.

Essendo un tema relativamente nuovo, restano ancora aperte alcune questioni relative ai criteri e ai controlli sui prodotti che si propongono al mercato con l’etichetta “SRI”. Solo con l’introduzione del Regolamento Europeo 2019/2088 (la cosiddetta SFDR – Sustainable Finance Disclosure Regulation) nel marzo del 2021 si è cominciato a introdurre una quadro normativo comune capace di dare forma e sostanza alle intenzioni. È opportuno quindi dare un breve cenno a tale normativa.

La normativa SFDR – il contesto normativo di riferimento

Il Regolamento europeo 2019/2088 è entrato in vigore il 10 marzo 2021 e, oltre a imporre norme comuni a diverse categorie di operatori finanziari sulla divulgazione di informazioni sui temi di sostenibilità, contiene una definizione di “investimento sostenibile”:

“investimento in un’attività economica che contribuisce a un obiettivo ambientale, misurato, ad esempio, mediante indicatori chiave di efficienza delle risorse concernenti l’impiego di energia, l’impiego di energie rinnovabili, l’utilizzo di materie prime e di risorse idriche e l’uso del suolo, la produzione di rifiuti, le emissioni di gas a effetto serra nonché l’impatto sulla biodiversità e l’economia circolare o un investimento in un’attività economica che contribuisce a un obiettivo sociale, in particolare un investimento che contribuisce alla lotta contro la disuguaglianza, o che promuove la coesione sociale, l’integrazione sociale e le relazioni industriali, o un investimento in capitale umano o in comunità economicamente o socialmente svantaggiate a condizione che tali investimenti non arrechino un danno significativo a nessuno di tali obiettivi e che le imprese che beneficiano di tali investimenti rispettino prassi di buona governance, in particolare per quanto riguarda strutture di gestione solide, relazioni con il personale, remunerazione del personale e rispetto degli obblighi fiscali”.

Inoltre il regolamento definisce due tipologie di “prodotti finanziari sostenibili”:

  • i prodotti che promuovono caratteristiche ambientali e/o sociali (cosiddetti “prodotti Art.8”), intesi come prodotti che sono stati costruiti tenendo in considerazione almeno un criterio di sostenibilità (ad esempio: se applicano l’approccio delle esclusioni, oppure la strategia best-in-class, etc.);
  • i prodotti che hanno come obiettivo investimenti sostenibili, definiti come sopra (cosiddetti “prodotti Art. 9”).

Gli operatori che vogliono classificare i propri prodotti in una o nell’altra categoria sono tenuti a chiarire come i prodotti rispettano le caratteristiche di sostenibilità, oppure come raggiungono gli obiettivi d’investimento sostenibile.

Cosa sono i fondi SRI

Si tratta quindi di fondi attenti alle tematiche sociali e ambientali. Questi fondi infatti adottano particolari criteri nella selezione degli investimenti: gli ESG (Environmental, Social and Governance). Tradotto: l’ambiente, il sociale e la trasparenza di governance caratterizzano profondamente le scelte di investimento del fondo, andando oltre al principio della sola massimizzazione del rendimento atteso. La definizione di fondo SRI ha tuttavia delle maglie piuttosto larghe, entro le quali si utilizzano approcci differenti.

Fondi SRI: quale approccio

Gli approcci utilizzati dai vari fondi SRI possono essere anche molto diversi tra loro. In generale, come per gli investimenti prettamente finanziari, si possono individuare due macro-categorie: da una parte i fondi che cercano di replicare un indice azionario (fondi passivi), dall’altra quelli che scelgono una gestione attiva dell’investimento (i fondi a gestione attiva rispetto ad un benchmark). Indipendentemente dal fatto che sia un fondo passivo o attivo, un fondo sostenibile si differenzia però dall’adozione o meno, nel processo di selezione e allocazione delle risorse finanziarie, di un approccio ESG. L’acronimo riassume le iniziali di Environmental, Social e Governance, ovvero le tre dimensioni dello Sviluppo sostenibile.

La prima si riferisce all’ambiente, che comprende rischi quali i cambiamenti climatici, le emissioni di CO2 (biossido di carbonio), l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, gli sprechi e la deforestazione.

La seconda include le politiche di genere, i diritti umani, gli standard lavorativi e i rapporti con la comunità civile.

La terza è correlata alle pratiche di governo societarie (ma anche di uno Stato), comprese le politiche di retribuzione dei manager, la composizione del consiglio di amministrazione, le procedure di controllo, i comportamenti dei vertici e dell’azienda in termini di rispetto delle leggi e della deontologia.

In ambito economico/finanziario si utilizza per indicare tutte quelle attività/criteri che costituiscono un processo/modello di valutazione volto ad individuare e a privilegiare, nelle proprie scelte di investimento Sostenibili e Responsabili, le imprese che impiegano metodi produttivi rispettosi dell’ambiente (E), che garantiscono condizioni di lavoro inclusive e attente ai diritti umani (S) e che adottano i migliori standard di governo di impresa (G).

L’acronimo ESG incorpora quindi un modello di valutazione e screening che mira ad individuare e selezionare aziende “virtuose” rispettose dell’ambiente (E), che garantiscono condizioni di lavoro inclusive e attente ai diritti umani (S) e che adottano i migliori standard di governo di impresa (G) nei loro processi produttivi.

Gli attori dei Mercati Finanziari (tra cui gli Investitori Istituzionali cui fanno parte le Società di Gestione del Risparmio) sono stati perciò chiamati a integrare nei loro modelli di valutazione fondamentale (basati su variabili esclusivamente finanziarie) nuovi modelli di valutazione.

Questi modelli/strategie possono prevedere la semplice esclusione di alcuni settori/aziende ritenuti eticamente non “investibili” quali ad esempio il tabacco, le armi, ecc….(i cosiddetti investimenti etici, già esistenti negli anni ’80-90) oppure più complessi (che seguono criteri inclusivi) come ad esempio:

  • processi di selezione delle aziende basati sul rispetto dell’applicazione di norme e standard internazionali.
  • Engagement e strategie di voto assembleare nelle aziende target.
  • Integrazione dei principi ESG nelle società target e relativa stewardship (amministrazione).
  • Applicazione di modelli best in class con specifici KPI (Key Performance Indicator).
  • Individuazione di tematiche di sostenibilità privilegiate, i Fondi Tematici.
  • Investimenti basati su misure della sostenibilità (metriche), i Fondi a Impatto per i quali viene richiesto la quantificazione dei risultati raggiunti attraverso la propria attività d’investimento.

E il rendimento di questi fondi?

Il fatto che siano fondi attenti alla responsabilità ambientale e sociale non deve indurre a pensare che non si guadagni o si guadagni meno. Molte ricerche prodotte negli ultimi anni hanno dimostrato come non ci sia particolare differenza di rendimento tra le forme di investimento tradizionali e quelle socialmente responsabili. Anzi, in alcuni casi il ritorno del capitale è pure superiore, facendo del bene al proprio portafoglio e alla propria coscienza.

Di recente L’ESMA ha pubblicato il seguente commento nel suo rapporto su costi e performance alla fine dello scorso anno “…I costi correnti dei fondi ESG sono inferiori o simili ai costi correnti degli equivalenti non ESG. Nel complesso, i fondi ESG hanno sottoperformato i loro equivalenti non ESG nel 2022, una probabile conseguenza della crisi energetica e della relativa impennata dei prezzi dell’energia. Tuttavia, i fondi ESG hanno comunque sovraperformato i loro equivalenti non ESG sull’orizzonte di investimento di tre anni…”.

Quindi, anche se è ancora tutto da provare l’assunto secondo il quale l’inserimento dei fattori ESG nella costruzione del portafoglio porterebbe a maggiori rendimenti, è invece ormai abbastanza condiviso l’assunto che l’incorporazione di modelli ESG nella selezione degli investimenti porti ad un migliore e più “resiliente” rapporto Rendimenti/rischi attesi nel lungo termine.

 Fondi SRI - Medvida Partners

Mercato SRI nel mondo e in Europa

L’ultimo rapporto disponibile del Global Sustainable Investment Alliance 2022 evidenzia come, “nonostante le sfide (inclusi significativi cambiamenti nella metodologia e nelle normative associate), l’investimento sostenibile sia una forza importante che sta plasmando i mercati dei capitali globali.”

Dall’analisi condotta si può affermare che, nonostante il forte calo registrato nel mercato statunitense dovuto all’introduzione di metodologie più specifiche volte al contrasto del fenomeno del “greenwashing”, il mercato Globale è arrivato a più di 30 trilioni usd di masse investite in tematiche sostenibili.

Il mercato Europeo è cresciuto da 12 a 14 trillions dollari nel biennio 2020-2022 raggiungendo la quota del 46% del peso complessivo a livello globale, come evidenziato nella figura sottostante.

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